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giovedì 6 settembre 2012

Quando i caschi blu ti mandano al macello...

Hasan Nuhanović non è poi così diverso da come appare in quel video, girato una quindicina di anni fa, che proiettano al memoriale di Potoći. Il filmato scorre sui volti terrorizzati di donne e bambini in fuga dal paese caduto in mano ai serbi. Scene di guerra, rastrellamenti, cadaveri abbandonati per strada. Con lo sguardo basso, cercando a fatica di mantenere un tono neutro, Hasan prova a raccontare i giorni del genocidio. La caduta di Srebrenica, l’arrivo di migliaia di profughi alla base dei caschi blu in cerca di una protezione promessa ma mai concessa. Quel giorno Hasan, che era uno dei tre traduttori di supporto al contingente olandese, vide la madre, il padre, il fratello uscire dal campo per essere consegnarti ai macellai serbi. Non li rivide più.
Otto anni fa Hasan Nuhanović ha iniziato una causa al tribunale olandese accusando il contingente olandese di essere complice nell’omicidio dei suoi genitori. Il secondo grado di giudizio gli ha dato ragione ma l’esercito olandese è ricorso al terzo grado, quello paragonabile alla nostra Cassazione. Tra un paio di anni, tempi forensi, avremo il giudizio definitivo. Nessuna speranza di ottenere pene detentiva ma un cospicuo risarcimento che Hasan devolverà ad una fondazione per aiutare i parenti delle vittime della strage di Srebrenica a intraprendere la medesima strada legale.
Abbiamo incontrato Hasan Nuhanović questa mattina, al centro giovani di Srebrenica. Le tre ore di domande, di risposte e di discussione ci sono sembrate poche rispetto alla nostra voglia e alla nostra difficoltà di capire.


Hasan, tu hai cominciato una causa in terra olandese, al tribunale olandese, contro l’esercito olandese. Come sta andando?
I tempi legali sono sempre molto lunghi. Il secondo grado di giudizio mi ha dato ragione. Speriamo che anche il terzo grado confermi la sentenza. Sarebbe un precedente importantissimo perché un tribunale stabilirebbe in via definitiva che anche un contingente militare che batte bandiera Onu non può esimersi dalle sue responsabilità richiamandosi ad una responsabilità superiore che per sua natura gode dell’immunità internazionale come le Nazioni Unite.

Quali sono le motivazioni a sostegno della colpevolezza dei caschi blu olandesi?
La linea dell’accusa sostiene che, pur essendo stati uccisi dalle forze serbe, il contingente olandese ha della responsabilità precise perché li ha consegnati ai serbi pur sapendo che il mandato era quello difendere i civili ad ogni costo. Non potevano non sapere che i serbi avevano dichiarato che avrebbero passato per le armi ogni uomo di Srebenica. Infatti la sentenza del giudice che mi dà ragione vale solo per mio padre e mio fratello. Per quanto riguarda mia madre, il tribunale ha detto che il contingente Onu non può dirsi responsabile in quanto i serbi non avevano detto nulla riguarda alle donne. Anche se nei fatti sono state ammazzate lo stesso.

Come si sta difendendo l’esercito olandese?
Intanto bisogna dire che l’Olanda si è sempre rifiutata di confrontarsi con gli avvenimenti di Srebrenica. Ho dovuto iniziare io la causa perché altrimenti i militari non sarebbero mai stati incriminati (il governo di destra ha assegnato loro addirittura una medaglia al valor civile, pre se il successivo governo di sinistra gli ha revocata.ndr). Spero che la sentenza aiuti a promuovere una discussione sul ruolo dei loro caschi blu nella guerra di Bosnia. Per quando riguarda la difesa, tendono a fare le vittime: ma come? noi ci siamo sacrificati per voi e questo è il vostro ringraziamento? All’inizio semplicemente negavano i fatti. Noi non abbiamo mai mandato fuori dalla base i profughi. Abbiamo fatto il possibile per difendere tutti. Poi hanno sostenuto che loro non potevano sapere cosa avrebbero fatto i serbi ai prigionieri. Ma il mandato Onu era proprio quello di difenderli e di verificare che non fosse fatto loro alcun male! Non era possibile non sentire gli spari delle esecuzioni dalla base. Qualche settimana prima, nel nord, i croati hanno preso un’altra città bosniaca. Gli abitanti si sono rifugiati in una base di caschi blu canadesi. Ma qui le cose sono andate diversamente. Il capitano canadese ha detto ai croati che avrebbero dovuto passare sul suo cadavere primi di prendere anche un solo rifugiato e alla fine nessuno è stato ucciso. Certo, Ratko Mladic era un pazzo sanguinario. Magari avrebbe anche attaccato le forze Onu, ma la paura non può essere una giustificazione per un soldato.

Dicono anche che non c’era spazio per 25 mila persona in fuga...
Hai visto anche tu la base. I 5 mila profughi che inizialmente sono stati accolti occupavano solo la rimessa dei mezzi. Tutti gli altri edifici erano vuoti. E poi c’era il campo attorno alla base. No. Lo spazio c’era. Anche le riprese aeree lo hanno dimostrato. Avrebbero potuto aiutare e difendere tutti i 25 mila rifugiati. Erano meglio armati dei serbi e avevano anche l’aviazione a disposizione. Ed invece hanno mandato a morire anche quelle 5mila persone che inizialmente avevano accolto.

Come sei riuscito a dimostrare che avevi ragione tu?
Non ho mai neppure tentato di mettere la mia parola contro quella dei generali olandesi. Io so che mi hanno fatto tradurre alla mia gente: “Mettetevi in fila per cinque e andate dai serbi che non ci sono problemi”. Ma loro avrebbero negato tutto. No. Ci sono i fatti che parlano al posto mio. I documenti che registrano l’ingresso di 5 mila persone e che poi non c’erano più. Le testimonianze dei Medici senza Frontiere che erano al campo e dei soldati olandesi. I fatti sono incontestabili. Il problema è la responsabilità. Io sostengo che gli olandesi dovevano difendere la popolazione e non lo hanno fatto, quindi sono colpevoli.

Ecco che siamo arrivati al punto. Perché gli olandesi si sono comportati così?
Bisognerebbe chiederlo a loro. Di sicuro la caduta di Srebrenica e la consegna di tutti i profughi ai serbi per loro è stata una benedizione. Il mandato gli ordinava di rimanere a presidiare la zona sino a che ci fosse stato anche un solo civile da difendere. La sera stessa che hanno mandato i profughi a farsi massacrare hanno telefonato al comando di Sarajevo dicendo che davano inizio alle operazioni di rientro. Da qualsiasi parte la vuoi guardare, questa è un modi di agire immorale, inumano e illegale. Non parlo solo della cacciata dei profughi ma anche della giustificazione bugiarda che dai al tuo comando: non è rimasto più nessuno da difendere, torniamo a casa. Quando li hai mandati tu al macello! La sera stessa i telegiornali li hanno immortalati mentre festeggiavano quella che per loro era la fine della guerra, ballando assieme ai serbi. Ma devi considerare che è anche una questione di mentalità. Un contingente spagnolo o francese non si sarebbe mai comportato così. Non perché siano più buoni o più bravi, ma per una questione di dignità. Non si sarebbero permessi una vergogna di questo livello.

Cosa intendi per mentalità?
Intendo che tra i soldati del contingente serpeggiava un razzismo neanche tanto nascosto. Non solo nei confronti dei musulmani ma anche dei serbi. Popoli slavi dagli istinti primitivi e tribali, ci consideravamo. Certo questo non posso dimostrarlo e non sono neppure cose che si possono mettere a processo. Ma spiegano comunque certi atteggiamenti di superiorità e di menefreghismo nei confronti di coloro che dovevano proteggere. Dovevano rappresentare parte della soluzione del problema ed in vece si sono dimostrati parte del problema. Ripeto, se invece degli olandesi ci fossero stati altri... Gli olandesi si comportavano come se la cosa non li riguardasse, come se fossero semplici osservatori intoccabili e dotati di immunità in una guerra di gentaglia primitiva e sanguinaria.

La religione ha giocato un ruolo importante nel conflitto? No. Ha giocato un ruolo importante casomai nell’escalation del conflitto. Quella nata dal disfacimento della Jugoslavia è stata una guerra di conquista territoriale e basta.
La prima guerra è stata in Slovenia, la seconda Croazia. Tutti paesi cristiani. Quando è arrivata in Bosnia la religione ha giocato un ruolo solo per i politici che cercavano di manipolare la realtà per ottenere consensi nazionali o internazionali. Ma gli stessi musulmani bosniaci non si ritenevano una comunità. Se i serbi attaccavano un villaggio dicevano “a noi non succederà. Con i serbi di qui siamo sempre andati d’accordo”.

Come è la Bosnia oggi?
Nessuno parla di quello che è successo durante la guerra. Non ci sono neppure tentativi di comunicazione tra le parti. Ognuno fa la sua vita e segue aspettative radicalmente diverse. I musulmani sperano di ritornare nei luoghi da cui sono stati cacciati e di ridiventare maggioranza. I serbi sperano che i profughi restino dove sono e che le terre che oggi occupano si stacchino dalla Bosnia ed entrino nella Serbia. Entrambe le aspettative sono assurde. I musulmani oggi occupano il trenta per cento del territorio. In uno spazio così piccolo non potranno mai diventare maggioranza nel Paese. Ma anche il passaggio territoriale di mezza Bosnia alla Serbia è una prospettiva irrealizzabile. Eppure, da una parte e dall’altra politici che tra loro non si parlano, continuano a promettere alla loro gente questi orizzonti irrealizzabili. Cosa succederà quando capiranno che né una cosa né l’altra potrà accadere sino a che esisteranno o i serbi di Bosnia o i musulmani di Bosnia?

1 commento:

  1. da "tentativo decalogo per convivenza interetnica" di alex langer

    Etnico magari sì, ma non a una sola dimensione: territorio, genere, posizione sociale, tempo libero e tanti altri denominatori comuni

    Ha la sua legittimità, e talvolta forse anche le sue buone ragioni, l'organizzazione etnica della comunità, delle differenti comunità: purchè sia scelta liberamente, e non diventi a sua volta integralista e totalitaria. Quindi dovremo accettare partiti etnici, associazioni etniche, club etnici, spesso anche scuole e chiede etniche. Ma è evidente che se si vuole favorire la convivenza più che l'(auto-) isolamento etnico, si dovranno valorizzare tutte le altre dimensioni della vita personale e comunitaria che non sono in prima linea a carattere etnico. Prima di tutto il comune territorio e la sua cura, ma anche obiettivi ed interessi professionali, sociali, di età... ed in particolare di genere; le donne possono scoprire e vivere meglio obiettivi e sensibilità comuni. Bisogna evitare che la persona trascorra tutta la sua vita e tutti i momenti della sua giornata all'interno di strutture e dimensioni etniche, ed offrire anche altre opportunità che di norma saranno a base inter-etnica. E' essenziale che le persone si possano incontrare e parlare e farsi valere non solo attraverso la "rappresentanza diplomatica" della propria etnia, ma direttamente: quindi è assai rilevante che ogni persona possa godere di robusti diritti umani individuali, accanto ai necessari diritti collettivi, di cui alcuni avranno anche un connotato etnico (uso della lingua, tutela delle tradizioni, ecc.); non tutti i diritti collettivi devono essere fruiti e canalizzati per linee etniche (p.es. diritti sociali - casa, occupazione, assistenza, salute... - o ambientali).

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